IL Castello di Calatabiano le sue origini e la sua Storia.

ORIGINI & STORIA

     Panorama del castello visto dal quartiere Gesù e Maria

Nel luglio del 1708, oggetti e mobili di pregiato valore del palazzo Baronale vennero ceduti ad un noto finanziere di Messina per tenerli in cura ed in custodia, fin quando Don Ferdinando Francesco Gravina non fosse stato in grado di riscattarli. Dei diversi feudi soggetti alla giurisdizione dei Gravina-Cruyllas nell’isola, quello di Calatabiano doveva essere senz’altro il più importante, tanto è vero che il barone doveva cedere alla Corona, nel tempo di servizio militare, ben venti cavalli, mentre il feudo di S. Fratello solo nove, altri ancora meno. Dopo il terremoto del 1693, il Principe concedette, un’ appezzamento di terreno a chi ne faceva richiesta per edificare un’abitazione fuori dalle mura del borgo. Il paese cominciò a trasferirsi nella zona a monte, ove si trova in parte ubicato, ciò comportò l’emanazione di una nuova struttura giuridica per regolamentare l’attività dei nuovi abitanti. Il Barone nominò gli Ufficiali Municipali . L’organizzazione municipale era formala da quattro Giurati a cui spettava la competenza in tulle le decisioni attinenti la pubblica amministrazione del territorio, la sovrintendenza sulle milizie a piedi e a cavallo, la responsabilità in materia di igiene e salute pubblica ed infine diversi poteri in materia giurisdizionale di polizia urbana ecc.

                 Scorcio quartiere Gesù e Maria

Al vertice dell’organizzazione amministrativa feudale stava il “Segreto”, il quale rappresentava in prima persona il Barone e sovrintendeva sull’attività svolta dai gabelloti e dai salariati dello “stato” (così si chiamava tutta l’area di Calatabiano) in genere. Segreto e Giurati dovevano esercitare la giustizia quando occorreva, ma in modo approssimativo senza dilungarsi troppo sulle questioni e senza verbalizzare alcunché, arbitrariamente giudicavano come meglio conveniva loro. Alla fine del 1700 nasceva la figura del Governatore, non aveva poteri decisionali ma doveva semplicemente far rispettare ogni regola dettata da canoni ben precisi, vigilare sull’attività dell’industria, in particolar modo quella del baco da seta, curandone una fase delicata della lavorazione e ricorrendo, quando occorreva, a manodopera specializzata di altri luoghi dell’isola, ed esponendo le tele nella fiera di S. Venera in Acireale ove venivano vendute al migliore offerente, allo stesso si affiancarono il maestro notaio, il catapano, il baglio, il doganiere ed altre figure di minor importanza. Per quanto attiene il sistema tributario, il barone non aveva alcuna tassa da pagare su quanto prodotto, mentre la cittadinanza doveva destinare una cospicua parte dei propri introiti ai servizi della collettività ed

        Saettiera , vista esterna, sala d’armi

un’altra, ai donativi regi. ll Barone, in casi specifici, poteva richiedere un supplemento di tributi, come nella circostanza dell’edificazione della Chiesa Madre e della fondazione di due Istituti sociali importanti, quali il servizio di assistenza medica ed i corsi scolastici. Istituti che in altri centri dell’isola ancora non esistevano. La manutenzione delle strade, ove sorgevano le abitazioni era a carico di chi vi abitava, nel percorso che univa la marina dell’acquicella con la strada principale che congiungeva Calatabiano – Messina, il Barone riferiva al governatore di far piantare dei pioppi. Il feudo Piana, asservito da vari canali d’irrigazione tra il 1600 ed il 1700 era coltivato a limoneto e nella parte centrale da gelsi, oltre a seminativo, la produzione di fronda era destinata all’allevamento dei bachi da seta, funzionale  al locale artigianato che attraversò la sua  massima espansione tra la fine del ‘600 ed i primi del ‘700. Notevole importanza nell’economia locale rivestiva l’industria serica, mai sfruttata al massimo, che verso la fine del settecento, cominciò a perdere di consistenza poiché nei centri del nord, nel quale sin da allora era presente una mentalità imprenditoriale, si investi in nuove e più moderne tecniche che, costituirono, insieme al male che colpiva il baco e ad altri fattori, quali il terremoto del 1783 e l’abolizione delle corporazioni sancite dal regio rescritto del 13/3/1822. le cause del regredire della

                 Grotta adibita a Magazzino

gelsicoltura soppiantata dalla limonicoltura ed in parte dalla viticoltura che, a sua volta, subì la concorrenza straniera. Tra la metà del 700 e la metà del 900 al moltiplicarsi delle risorse produttive nel settore primario dell’economia ed all’incentivarsi delle connesse attività di trasformazione e scambio, sì registrò, in stretto rapporto effetto causa, una sensibile crescita demografica che portò la popolazione a sestuplicarsi nell’arco di 200 anni. Ciò, fino al 1940, fìn quando l’attività agricola con le sue produzioni assorbì la manodopera prettamente agricola. Dopodiché, si verificarono flussi migratori dì popolazione attiva in cerca di sfoghi occupazionali verso aree ove era richiesta maggiore mano d’opera.

                         

   

 

 CONCLUSIONI

 

                                 Fortezza: Cappella Palatina

Tutt’ora si paga lo scotto di non aver saputo organizzare, con la necessaria programmazione, delle coltivazioni competitive per i vari mercati, incorrendo in una grave crisi nel settore, per via di coloro i quali non hanno saputo coalizzarsi ed hanno sostituito le iniziative personali a qualsiasi altra attività di gruppo. Crisi verificatasi, anche, per effetto della frammentazione dei fondi, susseguita alla riforma agraria,  con compromissione dell’economia locale. Il paese per risorgere dovrà attendere politiche diverse. Dovranno essere cercate altre forme d’investimento, si da assorbire, in parte, la forza – lavoro presente sul territorio, anche ricorrendo a richieste di finanziamenti che la Regione e l’U.E. dovranno concedere a fronte di progetti competitivi.

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